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Pressione alta, una pericolosa epidemia silente

La pressione alta va considerata come un’emergenza globale, una vera e propria epidemia che porta con se anche numerose complicanze, tra il rischio di mortalità e quello di morbilità ed invalidità. A sottolinearlo uno studio pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista The Lancet -messo a punto dai ricercatori dell’Imperial College London- che ha analizzato i risultati di 1479 altri lavori scientifici realizzati dal 1975 al 2015: si tratta dell’analisi più vasta mai condotta in materia e quindi i risultati sono particolarmente importanti ed affidabili. Si tratta dunque di numeri e cifre che devono seriamente far riflettere: oltre 1,13 miliardi di ipertesi nel mondo, il doppio rispetto a 40 anni fa. Non solo.

Lo studio

Lo studio -finanziato da  Wellcome Trust- ha analizzato i dati raccolti sulla pressione alta negli ultimi 40 anni in tutto il mondo: si tratta della ricerca più ampia del genere che sia mai stata realizzata ed ha coinvolto circa 20 milioni di persone, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e tantissimi scienziati afferenti a vari enti di ricerca compreso il nostro ISS (Istituto Superiore di Sanità) con i suoi lavori condotti sin dagli anni ’80. Di particolare rilievo la “geolocalizzazione” della malattia: in diminuzione gli ipertesi nei Paesi industrializzati ed in aumento in quelli a basso e medio reddito come l’Africa ed il Sud dell’Asia. Ne soffrono maggiormente gli uomini, ma lo scarto rispetto al genere femminile non è così marcato come comunemente si pensa (597 milioni contro 529).

La pressione alta dunque non sembra più essere figlia del “benessere”, o comunque non come si riteneva finora: nei paesi più ricchi c’è una maggiore attenzione all’alimentazione (con frutta e verdura), ma soprattutto si hanno più diagnosi precoci e quindi una maggiore attenzione alle cure. Al contrario nelle popolazioni povere dominano diete ricche di calorie, grassi saturi animali e colesterolo, oltre che di sale e l’attenzione allo stile di vita non rientra nelle priorità dei più. E sono proprio questi aspetti che lo studio evidenzia a doverci far riflettere, come spiega anche la dott. Simona Giampaoli coordinatrice dello studio per l’ISS:

“E’ necessario adottare politiche sanitarie che migliorino lo stile di vita della popolazione generale (interventi volti a favorire l’attività fisica, la riduzione del sale nei cibi preconfezionati, politiche sociali che aumentino la consapevolezza dell’importanza della prevenzione attraverso l’alimentazione sana, l’abolizione del fumo, la moderazione nel consumo di alcool). Inoltre è necessario un sistema sanitario che identifichi efficacemente i soggetti con pressione alta ed assicuri l’accesso agli interventi di prevenzione e di cura; solo in questo modo sarà possibile raggiungere gli obiettivi raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (riduzione del 25% della prevalenza dell’ipertensione arteriosa)”.

 

La prevenzione non può prescindere da questi aspetti.

 

I rischi della pressione alta

La pressione alta può arrecare danni a numerosi organi (cuore, vasi sanguigni, cervello e reni): è la prima causa di malattie cardiovascolari che tra infarto ed ictus uccidono circa 7,5 milioni di persone ogni anno, attestandosi come big killer numero 1.  Misurare la pressione con regolarità è un’arma preziosa che abbiamo a disposizione, insieme ovviamente al miglioramento dello stile di vita.

 

 

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Fonte: ISS

Foto: Thinkstock