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I sintomi e i rimedi per la sindrome del tunnel carpale

Il canale carpale, come tutti i tunnel, è formato da un pavi­mento, cioè le ossa del polso, e da un soffitto, vale a dire il le­gamento traverso anteriore del carpo, che tiene assieme ossa e muscoli. All’interno scor­rono il nervo mediano e i ten­dini flessori delle stesse dita, che sono ricoperti dalle guaine tendinee. Il tunnel carpale non può aumentare di calibro. Per cui basta un ispessimento delle guaine o del legamento, dovuto ad uno sforzo eccessivo e prolungato o a microtraumi ripetuti, per comprimere il nervo mediano e causare il dolore. La mano si gonfia e le prime tre a quattro dita diventano intorpidite e formicolanti.

Il problema riguarda circa il per trenta per cento della popolazione, colpisce di più le donne, forse perché il loro canale è più piccolo di quello maschile. La mano che corre più rischi è quella dominante, la sinistra nei mancini e la destra in tutti altri. Chi usa molto e sforza dita e polso, per lavoro o per hobby, è più esposto. Non a caso è considerata una vera e propria malattia professionale di co­loro che lavorano nell’industria manifatturiera o nel confeziona­mento, di chi prepara gli alimen­ti, fa pulizia, cucina o lavora alla cassa di un supermercato.

Negli ultimi anni il ventaglio del rischio si è allargato anche a chi lavora al computer. Non tanto per lo sforzo richiesto nell’utiliz­zo di mouse e tastiera, quanto per la postura scorretta assun­ta da spalle, braccia e mani, mantenuta per molte ore. Sono stati anche condotti studi di er­gonomia per progettare tavoli, sedie e tastiere che favoriscano il mantenimento di posizioni confortevoli e prive di tensioni permanenti.

Gli esperti sono quasi tutti d’ac­cordo: il trattamento della sin­drome dovrebbe iniziare il più presto possibile, appena si ma­nifestano i primi sintomi e c’è una diagnosi certa. Trattando nel contempo, se ci sono, le cause che l’hanno provocata. Le prime cure consistono nel mettere a riposo per un paio di settimane la mano e il polso, l’u­tilizzo di un tutore che immobi­lizzi l’articolazione per evitare i movimenti di torsione e flessio­ne e l’applicazione di impacchi freddi in caso di infiammazione e gonfiore delle dita.

Se il problema non si risolve in questo modo si opta di solito per un trattamento che possa agire sulla sindrome in modo più duraturo. Si ricorre ad alcu­ni farmaci, agli ultrasuoni, alla fisioterapia o alla chirur­gia. Il trattamento farmacolo­gico prevede l’uso di antin­fiammatori non steroideí (Fans) quando i sintomi sono presenti da poco tempo oppu­re se la sindrome è causata da un’attività intensa, ma occasio­nale, che può dar luogo anche a una tendinite, come nel caso del ragazzino maniaco dei vi­deogame.

Anche i diuretici possono servire se, per esem­pio, c’è gonfiore alla mano. Le infiltrazioni di cortisonici o li­docaina possono dare sollievo pressoché immediato in caso di sintomatologia intermittente, alleviando la pressione sul nervo mediano. Ma per il ricor­so a questi rimedi è obbligato­rio il controllo medico. Alcuni studi recenti hanno mo­strato che la vitamina B6 è ef­ficace nell’alleviare i sintomi, mentre tra gli interventi non farmacologici si sono rivelati utili sia gli ultrasuoni, sia la fi­sioterapia: esercizi appositi di stiramento e rafforzamento, che devono essere condotti con l’assistenza di un fisiatra o di un terapista occupazionale.

Le terapie complementari, o non convenzionali, per la sindrome del tunnel carpale sono diverse, tra cui la chiropratica e l’agopuntura. L’unica pratica che però ha dimostrato di dare reali benefici è lo yoga. Alcune hasana, posi­zioni mantenute per qualche minuto secondo i dettami della disciplina orientale, contribuiscono allo stiramento e al rafforzamento della muscola­tura, liberando la pressione sul nervo mediano. Inoltre, lo yoga aiuta a ri­durre il dolore. Bastano otto settimane di esercizi, un paio di volte alla setti­mana, per vedere miglioramenti.

Chi sceglie l’intervento chirur­gico deve invece sapere che è uno degli interventi più comuni in assoluto. Si esegue quando il dolore non diminuisce anche dopo mesi di terapie e consiste nella recisione del legamento carpale che circonda il polso, così da ridurre la pressione sul nervo. Si esegue in day hospital con anestesia locale. Talvolta si ricorre all’endoscopia, cioè si interviene senza “aprire” il polso. È stato visto in alcuni studi che operando in questo modo il dolore postoperato­rio è inferiore, anche se i tempi di recupero e i risultati ottenuti non differiscono di molto dalla chirurgia “in aperto”. Tra tutti i possibili interventi, in ogni caso, è la chirurgia a offri­re i risultati migliori.

Fonte http://www.consumercare.bayer.it/ebbsc/export/sites/cc_it_internet/it/Sapere_and_Salute/articoli/Febbraio_2010/06_Medicina_pratica.pdf