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Malattie reumatiche disturbano il sonno

Continuiamo a seguire le notizie che ci arrivano dal  Congresso Annuale della Lega Europea contro le Malattie Reumatiche (Eular), in corso a Roma. Dopo aver parlato (qui) del ruolo scudo della vitamina D nella prevenzione dei disturbi alle articolazioni ed esserci soffermati (qui) sull’introduzione anche nel nostro Paese di un nuovo farmaco contro l’artrite reumatoide, il tocilizumab, oggi parliamo dell’impatto delle malattie reumatiche sul sonno.

A quanto risulta dai dati diffusi al congresso Eular pare infatti che una larga fetta di pazienti affetti da patologie osteoarticolari manifesti disagio e cattivo riposo notturno. Esattamente, le cifre diffuse dagli esperti, parlano di un buon 40% di ammalati che non riesce a dormire bene. In pratica, si tratta di quattro pazienti su dieci, quasi la metà del totale. Tra  i sintomi  lamentati più spesso compaiono affaticamento, disturbi del sonno e anche depressione.

Lo studio da cui emergono queste evidenze si deve al Dottor Storrs, del Trafford General Hospital di Manchester, in Gran Bretagna. Su un campione di 95 pazienti reumatici e 105 soggetti di controllo esaminati, la qualità del sonno nei pazienti con artrite reumatoide era in media di 6,9. Risultati alquanto sconfortanti se si considera che la scala va da 0 a 21 e che il punteggio uguale o superiore a 5 indica una cattiva qualità del sonno. Non va meglio per l’affaticamento: i pazienti reumatici si affaticano di più rispetto alla media delle persone sane,  riportando un punteggio di 25,3 su una scala da 0 a 50.

Maurizio Cutolo, Presidente Esecutivo di Eular – 2010 –, spiega che questo studio avvalora l’ipotesi che lo stato di affaticamento e i disturbi del sonno siano sintomi correlati all’artrite reumatoide, con gravi conseguenze per la qualità della vita dei pazienti che:

ne risulta gravemente compromessa. Oltre ai disturbi del sonno, infatti, i pazienti sono gravati dall’affaticamento costante e da stati depressivi che sempre più spesso vengono notati da medici e familiari, fino al realizzarsi di vere sindromi cliniche di accompagnamento come la sindrome fibromialgica.

[Fonte: Asca]