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Nuova Sars, non pandemica ma possibile peggioramento

L’attenzione nei confronti del virus Mers, conosciuto anche come “nuova Sars” è un po’ scemato rispetto all’exploit della malattia in mediorientale. Questo non significa però che abbia perso la sua pericolosità. Sebbene al momento l’agente patogeno non venga considerato pandemico, gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si aspettano un peggioramento.

Motivo per il quale questa settimana l’Oms ha pianificato di riunire un comitato di emergenza composto da esperti per fare il punto su questo particolare ceppo di coronavirus e preparare una strategia da poter utilizzare nel caso in cui i contagi dovessero aumentare esponenzialmente. Il portavoce dell’organizzazione in merito al virus nonché suo maggiore esperto, Keiji Fukuda ha dichiarato che al momento non vi sono situazioni di emergenza in atto e che ogni possibile protocollo verrà studiato e messo in atto per evitare la diffusione della Mers e combatterla efficacemente. Ha aggiunto:

Vogliamo essere sicuri di essere in grado di muoverci il più velocemente possibile se sarà necessario.

A livello statistico, su 77 casi effettivamente accertati, sono state 41 le vittime, l’ultima in Inghilterra: un uomo di 49 anni che era rientrato dal Quatar. In uno studio pubblicato sulla rivista di settore  The Lancet dall’istituto Pasteur di Parigi e coordinato dal dottor Arnaud Fontanet è stato calcolato il “numero di riproduzione di base” del virus, ovvero la probabilità che un singolo caso ne produca un altro nella popolazione non immunizzata ed l’attuale ceppo di coronavirus, anche nel suo peggiore scenario possibile, mostra una valore più basso di quello della Sars prima della sua pandemia.

Questo deve ovviamente tranquillizzare chi teme al momento il virus. Come i ricercatori hanno sottolineato nel loro studio, per dare l’avvio ad una epidemia tale valore deve essere uguale o molto vicino all’uno e nel momento della sua maggiore pericolosità, la Sars aveva un valore compreso, a seconda dei luoghi, tra il 2,2 ed il 3,7.

Fonte | The Lancet

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