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Psicologia, come si prendono le decisioni?

 L’essere umano è davvero razionale? Forse. Ma forse no. Secondo uno studio condotta dalla prof.ssa Gabriella Pravettoni, titolare della cattedra di psicologia cognitiva e di psicologia delle decisioni dell’Università di Milano, l’uomo sarebbe meno analitico di quanto lui stesso creda di essere. La relazione, presentata ieri presso la settima conferenza mondiale “The Future of science” e concentrata questo anno sulla mente ed il suo funzionamento, tenta di spiegarlo in maniera semplice e diretta.

Ad avere una importanza vitale nel meccanismo decisionale umano è l’intuito. Cerchiamo di rifletterci: l’uomo non fa altro nella sua vita che prendere decisioni. A partire da quando si alza dal letto, fino ad arrivare a quelle relative al campo lavorativo. La giornata è un susseguirsi continuo di decisioni, sia semplici che estremamente complicate.  Si tratta di una sorta di processo infinito, portato avanti però non attraverso complicati ragionamenti, ma quasi sempre lasciandosi guidare dall’intuito.

Se l’essere umano dovesse prendere una decisione in modo esclusivamente razionale, il processo decisionale sarebbe decisamente più lungo, perché per ogni scelta dovrebbe esaminare ogni singola possibilità comprensiva di innumerevoli variabili e solamente dopo aver analizzato il tutto riuscirebbe a prendere finalmente una decisione, attraverso precise deduzioni logiche.

Cosa che nella realtà non avviene. Il nostro cervello, la nostra psiche esprimono la nostra capacità di prendere decisioni attraverso quelle che scientificamente vengono chiamate “euristiche”, quelle “scorciatoie” cognitive frutto tipico di un’intuizione della situazione generale. Spiega la prof.ssa Pravettoni:

Le limitate capacità di attenzione e di memoria e le costrizioni percettive forzano le persone a dipendere da euristiche che semplificano il processo decisionale, e che possono essere descritte come regole empiriche o strategie di scorciatoia cognitiva che assistono le persone nella presa di decisione.

In pratica interrompiamo “volontariamente” il processo di raccolta di informazioni nel momento in cui pensiamo di avere trovato la soluzione giusta, che per inciso, genera  una maggiore soddisfazione nell’individuo rispetto ad una scelta forzatamente razionale.

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Fonte: Corriere della Sera