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Gravidanza extrauterina: perché spaventa

Ne abbiamo spesso sentito parlare, ma forse solo in maniera superficiale. La gravidanza extrauterina (GEU) di fatto e per fortuna non è una patologia molto frequente (solo l’1-2% dei casi). Quando arriva però è sconvolgente. Cerchiamo di capire perché e di cosa si tratta. Scientificamente è anche definita ectopica, perché avviene fuori dal suo luogo abituale che è l’utero.

Nella maggioranza di questi casi, l’embrione non si sposta dalle tube, cosa che invece dovrebbe avvenire dopo due-tre giorni dalla sua creazione: siamo in presenza della cosiddetta gravidanza tubarica. L’annidamento dell’embrione può avvenire anche nell’addome o addirittura in un’ovaia. A questo proposito tempo fa (qui) vi abbiamo raccontato di una gravidanza portata a termine. Evento rarissimo. Già, un bimbo è nato. Ma allora perché la geu spaventa tanto?

Quando si desidera un bambino, il test positivo ed i primi sintomi, danno una gioia immensa. Ma anche se tutto ciò è inaspettato o magari non desiderato, l’emozione è sempre molto forte. Poi alla prima ecografia (in genere è così che si scopre) non si vede l’embrione ovvero: la camera gestazionale è vuota! A quel punto, se non lo si è già fatto, si verificano i dosaggi ormonali tipici della gravidanza ed i valori del Beta-Hcg che risultano bassi. Il medico comunica la diagnosi: extrauterina.

Il problema da quelmomento in poi è attendere che la situazione si risolva da sola, con un aborto spontaneo, o peggio, intervenire. Se un embrione dovesse crescere in un’ovaia o in una tuba, non avendo spazio distruggerebbe l’ambiente che lo accoglie, provocando seri danni alla salute della donna stessa. In passato, quando non esistevano le attuali attrezzature diagnostiche, si moriva per emorragia interna.

Perdere una tuba o un’ovaia, significa inoltre diminuire le possibilità di procreare…insomma: da una notizia lieta, si arriva ad una situazione complessa e pericolosa. E’ per questi motivi che la gravidanza ectopica spaventa e sconvolge.

Oggi comunque si hanno a disposizione tanti strumenti per identificare una situazione a rischio e nuove tecniche per risolverla. Per lo più basta monitorare ed attendere che si risolva autonomamente (cosa che avviene nella maggior parte dei casi), o in alternativa, utilizzare una terapia farmacologica o praticare un intervento chirurgico, che rimuova purtroppo l’embrione, salvaguardando le possibilità riproduttive della sfortunata madre.