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Ru486 e cytotec: facciamo il punto della situazione

“Off label”, almeno in Italia, è l’uso del Cytotec per scopi di­versi da quelli denunciati dall’azienda che lo produce, in origine la Searle, poi inglobata nella Pfizer. Clandestino è l’aborto che può indurre, clandestine sono spesso le donne che vi fanno ricorso, lo dicono alcuni gine­cologi che lavorano nei Pronto soccor­so degli ospedali o gli addetti ai lavori dei centri di aiuto agli immigrati. Dal 19 novembre, tra inchieste parlamen­tari, lungaggini burocratiche e mille polemiche, è legale in Italia l’aborto farmacologico con la pillola Ru486 : ma la vita reale è corsa più veloce.

Andiamo con ordine. Il Cytotec è un medicinale a base di misoprostolo, una prostaglandina che ha ottime pro­prietà terapeutiche contro l’ulcera, ma che è molto utilizzata in tutto il mondo per indurre l’aborto farmacologico (da sola o per potenziare l’effetto della Ru486) o le contrazioni del parto. Chiarisce la dottoressa Silvana Agatone dell’ospedale Pertini di Roma

“Peccato che, di tutte queste indicazioni, sul bugiardino italiano non vi sia traccia. L’azienda produttrice non ne mai fatto richiesta, evidentemente vuo­le restare fuori da ogni implicazione politica. Da noi viene impiegato molto in ginecologia, ma si tratta di un uso im­proprio, per il quale potremmo anche essere denunciati.”

Spie­ga Silvio Viale, ginecologo del Sant’An­na di Torino, militante radicale, primo a partire in Italia con la sperimentazio­ne della Ru486 e relatore al Senato di un rapporto sul Cytotec proprio in que­ste settimane

“In Francia il misoprostolo è registrato per indurre il travaglio abortivo, nel Regno Unito lo stanno regolamentando per provocare quello a termine, perfino I’Oms, secon­do studi recentissimi, lo sta inserendo nella lista dei farmaci essenziali”.

 I numeri dei fenomeno sono sem­pre quelli, a sentire i ginecologi. Uno, due ricoveri al mese nei vari Pronto soccorso dovuti ad emorragie da Cytotec, prove alla mano. A questi casi vanno sommati quelli delle donne che non lo ammettono e di quel­le che in ospedale non ci vanno affatto. Altri dati sono difficili da individua­re, a meno che non si incrocino con quelli ufficiali. Dice l’ultima relazione sull’attuazione della legge 194 del ministro della Salu­te, che ad abortire legalmente sono sempre meno donne.

 Invece gli aborti sponta­nei – o sedicenti tali – sono in salita: 64.061 nel 1996, 71.604 nel 2006 : il sospetto che non tut­ti siano voluti da Madre Natura sem­bra legittimo. Perché prendere in modo incon­trollato un farmaco che mette a ri­schio la salute, invece di rivolgersi ai consultori? E’ presto detto per Graziella Sac­chetti

 «Le clan­destine hanno paura delle denunce, e fanno da sole. Il  Cytotec assunto in dosaggi casuali può diventare tossico e provocare aborti non riusciti, con gravi rischi per madre e bambino. Bi­sognerebbe ripensare la legge del “pacchetto sicurezza” e fare più infor­mazione, perché queste donne che vogliono interrompere una gravidanza non siano anche terrorizzate all’idea di essere denunciate, e si rivolgano ai consultori»

 Dove però l`accesso non è sempre facile aggiunge Viale

«per chi non ha infor­mazioni, ed è straniero e non integra­to: accedere alle strutture pubbliche è un percorso a ostacoli, e anche am­messo che lo si faccia, non sempre si riesce a stare nei tempi della 194: gli obiettori, in alcune regioni, sono dav­vero troppi»

 Un’altra soluzione, suggerisce Basilio Tiso, di­rettore medico di presidio della Fon­dazione Policlinico-Mangiagalli, è che

 «questo tipo di farmaci usati per le gastriti o le ulcere siano sommini­strati, solo negli ospedali, a pazienti con diagnosi certe»

 Qualcun altro, infine, indica un percorso all’apparen­za più semplice: ri­lancia la dottoressa Agatone

«legalizzare l’uso dei misoprostolo, come per la Ru486»

Ma quanto sia possibile farlo, in Italia, l’abbiamo già visto!