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Sessualità e disabilità: un rapporto speciale, non diverso

La sessualità è una caratteristica naturale degli esseri viventi, compresi i disabili, strettamente connaturata sin dal momento della nascita. La sessualità della persona disabile non è una sessualità speciale, diversa da quella di tutti gli esseri umani: diverso è il modo di concretizzarla nel fare sesso, ostacolati dai limiti funzionali del nostro corpo. Sappiamo bene che i condizionamenti esterni sono peggiori delle limitazioni funzionali del corpo o della mente. Per chi ha disabilità fisica sono tanti: pudore e vergogna di esporre il proprio corpo malformato, timore che in futuro si sia abbandonati dal/dalla partner, impossibilità fisica di frequentare l’altro a causa di barriere architettoniche, timore di non potere soddisfarlo sessualmente a causa della propria disabilità, genitori propri dell’altro che ostacolano il rapporto, ecc.

Per chi ha disabilità mentale, invece, l’ostacolo maggiore sono i genitori, vittime essi stessi del senso del pudorepeccatosporcizia– “non si deve fare“-“che vergogna toccarsi“. I genitori hanno tanta paura di non saper gestire il problema del “fare sesso” dei figli con disabilità e sono incapaci di sostenere il figlio/figlia in questa meravigliosa avventura di vita perché, forse, vivono un sesso handicappato. Ed allora, occorre parlare non di “diritto alla sessualità” ma di diritto a esercitarla, cioè di fare sesso.


Anche i disabili lo fanno, se ne hanno l’occasione! E lo fanno con piacere e soddisfazione, propria e del/della partner. Per non affrontare i veri e grandi problemi del fare sesso di chi non ha l’autonomia delle scelte, genitori e operatori tendono a mischiare il desiderio di fare sesso della persona con disabilità con il suo desiderio d’amore, per potere più tranquillamente parlare di quest’ ultimo. Il desiderio dell’amore lo abbiamo tutti ed è certo che essere in situazioni di disabilità comporta delle difficoltà per vivere il sesso; ma non le comporta per colpa della disabilità.

La disabilità, in se stessa, non ostacola assolutamente il fare sesso; quello che ostacola è la cultura dominante nella società contemporanea, non solo italiana. Ho letto diverse interviste fatte a persone con disabilita fisica che fanno o hanno fatto sesso e con genitori di figli con disabilita mentale ai quali hanno negato o molto condizionato la vita sessuale. Senza ipocriti veli, con spontaneità, i primi raccontano di “come” lo fanno superando le limitazioni del loro corpo: spogliarsi, togliersi i tutori ortopedici, spostare le gambe, trovare le posizioni adatte, frenare le fantasie, godere di ciò che si può anziché piangere sulle impossibilità.

Il loro insieme costituisce un messaggio socio-politico di fiducia in se stessi che può dare fiducia anche ai troppi disabili tuttora relegati nel regno della solitaria, forzosa masturbazione e ai tanti genitori che stentano ad assecondare lo sprigionarsi della grande forza vitale del fare sesso. Ed ai cosiddetti “esperti” raccomanda di chinarsi umilmente verso la rinnovata gioia di vivere che traspare dai tanti corpi che godono di sé e dei partner. Attraverso le loro testimonianze, riusciamo a sentire quale forza ha il fare sesso per colui/lei con un corpo ribelle o addirittura quasi immobile; quanta forza e carattere hanno e quale esempio danno.