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Testosterone basso: ne soffre almeno il 40% della popolazione maschile

 Il 40% degli Italiani di sesso maschile soffre di testosterone basso. Un fattore naturale? In parte. Questo perché, sebbene con l’età a partire dai 40 anni la “funzione testicolare” e la sua produzione di ormoni cali fisiologicamente dell’1% ogni anno, talvolta il decremento è così repentino ed eccessivo, che ci si può trovare a combattere con una sorta di “menopausa” maschile.

Entrando nello specifico dei dati, è  rilevabile una situazione di “ipoandrogenemia” in almeno il 10% della popolazione tra i 40 ed i 60 anni e del 30% tra gli uomini di età compresa tra i 60 e gli 80 anni. Spiega il prof. Vincenzo G. Mirone, Segretario Generale della Società Italiana di Urologia:

L’ipoandrogenemia  a sua volta favorisce un quadro clinico caratterizzato da obesità, riduzione della massa magra corporea, diminuzione del desiderio sessuale, osteoporosi,  aumento di patologie cardiovascolari, compromissione delle funzioni cognitive e quindi compromissione della qualità di vita.

Esattamente ciò che accade alle donne quando smettono di essere fertili. Per l’uomo il testosterone è un ormone vitale al sostentamento di un benessere sia fisico che psichico.  Con un suo calo eccessivo, malattie metaboliche e patologie cardiovascolari  rischiano di divenire la conseguenza più manifesta di uno stato ormonale non perfetto.  Riportare ad un equilibrio naturale la situazione, attraverso terapie a base di testosterone, contribuirebbe ad una risoluzione dei problemi, fermo restando la ritrosia del mondo medico ad affidarsi a tali cure per la paura di insorgenza di cancro alla prostata, sebbene tale “spauracchio” sia stato smentito da recenti studi.

Una paura che deve assolutamente sparire dato il collegamento riscontrato negli ultimi tempi tra una bassa produzione di testosterone e la sindrome metabolica. Davanti alla necessità di preservare l’organismo in buona salute è necessario che i pregiudizi sulla terapia a base di questo ormone maschile cada definitivamente. Sempre che non si voglia poi avere a che fare con le patologie croniche tipiche dell’ipogonadismo.

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