Home » COSTUME & SOCIETA' » Bioetica » Eutanasia: la dolce morte deve diventare un diritto? Partecipate al nostro sondaggio

Eutanasia: la dolce morte deve diventare un diritto? Partecipate al nostro sondaggio

Si parla di eutanasia quando una persona gravemente ammalata e senza alcuna speranza di guarigione, perchè in fase terminale o affetta da una patologia degenerativa invalidante, chiede che venga posta fine alle proprie sofferenze attraverso la morte. Analogo al concetto di eutanasia quello di suicidio assistito che consiste nel fornire alla persona i mezzi per potersi togliere da sè la vita in modo rapido e indolore, senza l’intervento diretto di un medico.

Esistono due modalità attraverso le quali è possibile praticare l’eutanasia: l’eutanasia indiretta o passiva che consiste in genere nella cessazione delle cure che mantengono in vita il paziente e l’eutanasia attiva che prevede che la morte venga provocata direttamente, ad esempio attraverso la somministrazione di sostanze letali. Non è considerata invece eutanasia la cessazione delle terapie in seguito a morte cerebrale.


A far esplodere il dibattito sull’eutanasia nel nostro paese nel 2006 il caso di Pier Giorgio Welby che nel Settembre di quell’anno inviò una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedergli che fosse riconosciuto il diritto all’eutanasia per i malati terminali. Welby ammalato di Sclerosi Laterale Amiotrofica morì nel dicembre successivo in seguito all’intervento di un medico di Cremona che si rese disponibile per la sospensione delle cure che lo tenevano in vita.

In Italia, l’eutanasia in tutte le sue forme è reato. In particolare l’eutanasia attiva è pari all’omicidio volontario. Nel caso la persona ammalata sia consenziente e ne abbia fatto esplicita richiesta si configura il reato di omicidio del consenziente comunque perseguito penalmente con la reclusione da 6 a 15 anni. La dolce morte è invece ammessa dalla legge in Olanda, Belgio e Lussemburgo, mentre in Svezia non è perseguita penalmente. In Germania e Svizzera è previsto il suicidio assistitito.

In Francia ha fatto molto discutere nel Marzo scorso il caso di Chantal Sebire l’insegnante cinquantaduenne sfigurata da un tumore che aveva chiesto che le venisse somministrata in via del tutto eccezionale una dose letale di penthotal, dichiarandosi disposta se le fosse stata negata, come avvenne, l’autorizzazione a recarsi in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito. La donna fu trovata morta nel proprio appartamento qualche giorno dopo il diniego del tribunale di Digione al quale si era rivolta. In Francia infatti è in vigore una legge (la Leonetti) che permette la sospensione delle cure, ma non il suicidio assistito e l’eutanasia attiva.

{democracy:3}