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Malattie rare, il calvario delle famiglie

Malattie rare: ancora nel 2011 queste parole si trovano ad essere in qualche modo sinonimo di calvario. Per le famiglie, per le persone malate. Non  si tratta solo del problema prettamente fisico di affrontare una patologia quasi sconosciuta, ma anche di quello organizzativo relativo all’ avere a che fare con una burocrazia lenta e non aggiornata.

E spesso solo la rete rappresenta un alleato. Perché i problemi sono molti, la conoscenza poca, e per trovare del sostegno specializzato od ottenere semplicemente una diagnosi, non di rado passano anni.

Vi sono malattie rare tipo la Sindrome di Kabuki, che solo recentemente hanno trovato il giusto sostegno a livello medico. Ma gli specialisti in tal senso sono pochi. E per ottenere delle cure appropriate, bisogna spostarsi, con il conseguente carico economico e di stress. Specialmente se si tratta di bambini. Perché quando si parla di particolari sindromi,  sono proprio loro le piccole vittime. Ed immaginate un bambino di qualche mese o di pochi anni sottoposto a veri e propri viaggi della speranza corredati da un continuo avvicendarsi di esami specialistici, risonanze magnetiche.

Uno stress inappropriato, ma necessario. Al quale ovviamente, scoperta la malattia, si aggiunge l’ignoranza della gente. Perché spesso e volentieri i malati di malattie rare sono sottoposti ad un trattamento quasi “razzista”. Squadrati dalla testa ai piedi, quasi in ogni occasione, alla sofferenza fisica debbono aggiungere quella psicologica derivante non solo dall’essere dipendenti da terapie di ogni sorta, ma anche dall’allontanamento, più o meno volontario, da parte dei coetanei.

E se una malattia come la mucopolisaccaridosi, di gravità variabile a seconda della tipologia, porta quasi sempre all’indossare un busto per tentare di mantenere un corretto sviluppo dello scheletro, vi sono tante patologie per le quali, il sistema sanitario nazionale, pur riconoscendole invalidanti, non passa i farmaci.

Ciò che la maggior parte della famiglie lamentano è però  la lentezza della burocrazia, ed in qualche modo la sua ignoranza. Essere affetti da una malattia rara nella maggior parte dei casi significa combattere continuamente con gli uffici preposti sul territorio per il riconoscimento dell’invalidità e tutte le pratiche assistenziali ad essa correlata.

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