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Il latte fa bene o fa male?

Il latte fa bene o fa male? Di base sappiamo che questo alimento è ricco di proprietà nutrizionali delle quali sembra impossibile fare a meno. Al contempo è facile sentir parlare di un’allergia o un’ intolleranza al latte vaccino. Dunque? In assoluto nulla va considerato bianco o nero, positivo o negativo, neppure il cibo: dipende sempre dall’uso che se ne fa, dalle quantità che si assumono, dalle esigenze fisiologiche e nutrizionali o da particolari condizioni di salute. Ne abbiamo parlato con una esperta, la dottoressa Maria Assunta Coppola Nutrizionista e biotecnologa, ma prima ancora abbiamo valutato la composizione di questo alimento.

La composizione del latte

Il latte è effettivamente uno dei pochi alimenti considerabili “completi”, ovvero caratterizzati da una importante quantità di tutti i macronutrienti necessari al fabbisogno giornaliero di un essere umano: prima di tutto è composto di acqua e poi di carboidrati, proteine, grassi e glucidi, anche se questi fattori variano molto dal tipo di animale da cui il latte proviene, dalla sua alimentazione,  dal periodo in cui viene preso o dal suo trattamento (pensiamo alle differenze tra il normale latte crudo, appena munto o al latte a lunga conservazione e scremato). Essenzialmente, tale alimento è ricco di lattosio, uno zucchero esclusivo delle ghiandole mammarie: il latte vaccino che è di nostro uso più comune ne contiene circa il 4.5%, ma è caratterizzato anche da vitamine (A, B1, B2, B5 e B12) che si perdono in gran parte quando viene trattato per la commercializzazione, e da calcio. Questo è probabilmente l’elemento nutrizionale più importante contenuto nel latte, in grado di fornire con una quantità normale assunta tutto il fabbisogno quotidiano dell’essere umano. Infine il latte contiene anche una certa quantità di potassio, fosforo e di batteri utili all’intestino.

Il latte fa bene?

Detto ciò sembra che il latte faccia esclusivamente bene, come la tradizione racconta ma è effettivamente così? Spiega la dottoressa Coppola:

“la risposta è complessa. Partiamo dagli aspetti positivi, dai numerosi  benefici. Nei giovani (bambini ed adolescenti in crescita ndr), la composizione del latte risulta utile per una corretta assimilazione del calcio, del magnesio, dello zinco, essenziali per la salute dell’osso, e promuove lo sviluppo dei Bifidobatteri intestinali, utili per il mantenimento di una sana flora batterica nel colon e per il blocco dell’impianto di germi patogeni nel tenue. Infine dona galattosio, uno zucchero necessario per il corretto sviluppo  del sistema nervoso, proteine nobili, vitamine ed oligoelementi.

Un recente studio realizzato presso il Department of Human Nutrition dell’università di Medicina (Otago) ha chiarito come il consumo di latte in età pre-puberale risulti  fondamentale per la crescita del bambino attraverso l’ aumento del livello sierico dell’ IGF-1: questo ormone gioca un ruolo chiave nel metabolismo dell’osso, sopratutto sulla cartillagine epifisaria, zona responsabile dell’accrescimento in lunghezza delle ossa, in grado di  promuovere l’incremento statuario in infanzia e in pubertà. Un altro studio (Children who avoid drinking cow milk have low dietary calcium intakes and poor bone healt) effettuato su bambini tra i 3 ed i 9 anni ha confermato come evitare il latte vaccino per lunghi periodi in questa fascia d’età comporti bassa statura e povera salute delle ossa.

Quindi l’IGF-1 del latte vaccino, completamente identico a quello prodotto dal fegato umano, risulta fondamentale per la crescita  dei bambini: la produzione corporea di questo ormone tende ad abbassarsi con l’età e si riduce di circa la metà a 70 anni”.

Il latte fa male?

 “Attenzione però perché è proprio su questo elemento che poi arrivano alcuni rischi legati al latte. Se da adulti invece beviamo latte, questo ormone tende a permanere ad alti livelli nel nostro organismo e ciò potrebbe essere rischioso in quanto  l’Igf-1 si è mostrato capace di stimolare la crescita sia di cellule normali che cancerose ed è stato associato ad aumento dell’incidenza del tumore alla mammella e alla prostata.  Basti pensare che nelle due aree europee dove si beve più latte, Scandinavia e Paesi Bassi, esiste il più alto tasso di tumore al seno. Il latte è uno dei primi alimenti che sconsigliamo nelle donne con storia di cancro al seno che vengono a chiedere una visita  presso il Consultorio di prevenzione e assistenza oncologica, gestito da me e il dott. Iasevoli presso la “Fondazione Bartolo Longo” a Pompei, ispirandoci alla dieta Diana del dott. Berrino dell’INT Milano.

Altra riflessione importante: il latte che beviamo oggi non è il latte di un tempo, munto da vacche allevate su colline incontaminate, che si cibavano di vegetali senza aggiunta di antibiotici, steroidi, ormoni della crescita, erbicidi o pesticidi veicolati dal foraggio.

Il latte  odierno può contenere tutto questo, oltre che una varietà di fattori di crescita che veicolano all’ipofisi del vitello il messaggio di raggiungere all’età di sei mesi un peso di oltre 100 kg!  È evidente che tale informazione specifica non corrisponde assolutamente alla crescita normale di un essere umano, ancor più se non ha più bisogno di “crescere”.

Dunque che fare?

“Il latte non fa male in senso “assoluto”: rimuovere il latte vaccino dall’alimentazione del bambino o dell’adolescente in accrescimento, significa rischiare  lo sviluppo non ottimale della struttura ossea, muscolare e nervosa. Nell’adulto, invece, tutto questo non conta più. Perchè allora rischiare, soprattutto quando già si ha avuto una storia di tumore, personale o familiare? Meglio dunque latte di soia, in primis, o latte di avena, latte di riso, di miglio, o di mandorle (quest’ultimo solo se light), ricchi di fibre, oligoelementi, acidi grassi essenziali e proteine vegetali. Meglio ancora se con aggiunta di calcio, utili a preservare la salute delle nostra ossa! Per il gusto, ci si abitua…e comunque non sono male!!”

L’argomento è ancora ampliamente complesso e rigarda anche l’intolleranza al latte vaccino ed il ruolo del latte/calcio nella lotta all’osteoporosi. Torneremo sull’argomento nei prossimi giorni.

Foto: Thinkstock