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Intolleranze alimentari, causa nella psiche?

Intolleranze alimentari in aumento perché frutto della psiche? E’ quello che sostiene la Dottoressa Edi Salvadori, psicopedagogista e counselor specialista del metodo Voice Dialogue. Ma sarà davvero così?

Dobbiamo essere pienamente sinceri: è una spiegazione che ci convince davvero poco, specialmente se pensiamo a patologie come la celiachia, con tutte le problematiche che essa comporta all’organismo e non solo di tipo alimentare. Siamo d’accordo su un punto evidenziato dalla dottoressa: solo un terzo delle intolleranze alimentari viene diagnosticato clinicamente e spesso le persone ritengono di essere intolleranti ad un certo cibo solo perché non lo digeriscono o per una volta ha causato loro malore.

La dottoressa Edi Salvadori si spinge più in là: il rifiuto dell’organismo nei confronti di un determinato alimento dipenderebbe da una emozione non riconosciuta e riconducibile allo stesso. Eliminando il blocco emotivo si eliminerebbe anche l’intolleranza alimentare con i sintomi ad essa correlati. Pur avendo il massimo rispetto per la sua opinione, ci sembra alquanto impossibile riuscire a collegare intolleranze alimentari e psicologia in questo modo. Spiega l’esperta:

Nella mia esperienza professionale mi sono accorta che le intolleranze alimentari nascono, essenzialmente, dalla nostra incapacità di ascoltarci, di ascoltare i nostri desideri più profondi, di dare fiducia alla saggezza antica del nostro corpo.

Secondo la sua esperienza se sei intollerante alle mele potresti avere dei sensi di colpa per della rabbia inespressa che portano a gonfiore addominale e crampi. Sei intollerante al latte? La causa andrebbe ricercata in una madre particolarmente ansiosa o in una assente che provocherebbe nella persona insicurezza ed intolleranza verso il primo alimento che ci nutre quando siamo dei neonati. Ma anche a dei problemi relazionali da adulti.

L’intolleranza al glutine sarebbe invece correlata alla “difficoltà di intessere relazioni stabili e paura dell’invischiamento, soprattutto nel contesto familiare”. E per esperienza personale, possiamo permetterci di dissentire in modo alquanto netto in questo caso.  Voi cosa ne pensate?

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