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Alzheimer, verificato un legame con acidi grassi nel cervello

Gli acidi grassi sono i componenti costitutivi della maggioranza dei lipidi complessi e dei grassi vegetali e animali. Si distinguono in saturi e insaturi, sulla base della presenza o assenza di doppi legami nella catena carboniosa. 
Recenti ricerche avrebbero individuato una relazione tra gli acidi grassi e i cambiamenti che avvengono nel cervello durante il decorso che porta all’insorgenza del morbo di Alzheimer.

Lo studio è stato realizzato dagli scienziati del Gladstone Institute of Neurological Disease e della University of California e pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Nature Neuroscience.
Secondo gli autori, il controllo del livello di un acido grasso nel cervello potrebbe contribuire a trattare il morbo di Alzheimer.


Test di laboratorio effettuati sui topi hanno dimostrato che la riduzione dei livelli in eccesso di acidi grassi ha diminuito i problemi di memoria e i cambiamenti comportamentali negli animali.
I livelli di acido grasso possono essere tenuti sotto controllo con la dieta o tramite dei farmaci o con l’ausilio di entrambi.

Gli scienziati hanno messo a confronto il livello di acidi grassi presenti nel cervello di topi sani con quello di cavie geneticamente modificate in modo da ricreare il morbo di Alzheimer.
Dagli esami è risultato che nel cervello dei topi malati c’erano livelli elevati di un acido grasso chiamato acido arachidonico.
Il rilascio di acido arachidonico è controllato dall’enzima PLA2. Abbassando i livelli di PLA2 nei topi affetti da Alzheimer, si è verificata anche una parziale riduzione nel deterioramento della memoria.
Come ha affermato il professor Clive Ballard, direttore della ricerca dell’Alzheimer’s Society:

Questi risultati sono stimolanti e incoraggianti. Sono ora necessarie ulteriori ricerche per verificare se il controllo degli acidi grassi può portare a un effettivo trattamento per i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer.

La scoperta ha sollevato un certo ottimismo nel mondo scientifico perchè questo significherebbe poter provare a sperimentare un trattamento che curi la malattia, intervendo sui livelli di questo acido grasso, anche se al momento i ricercatori non si sbilanciano sulle possibili applicazioni di questi importanti risultati.