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Salute e social network, ai medici sconsigliato accettare amicizia dei pazienti

 Il rapporto della salute con la rete, o meglio del vivere la rete in salute, è oggetto di studio negli ultimi anni, anni del boom dei social network e della condivisione di saperi a portata di clic. Si è parlato di quanti spesso si informavano sul web riguardo a malattie e cure, del cosiddetto dottor web quasi in competizione con il camice bianco in carne ed ossa, ma anche di argomenti ancora più delicati sempre inerenti alla sfera della salute: i siti che inneggiano all’anoressia, quelli che incitano al suicidio, la relazione tra sesso virtuale e sesso reale non protetto, le tecnodipendenze.

Oggi il consiglio degli esperti del tema social network/salute non si rivolge, per una volta, ai pazienti ma ai medici stessi, invitati a non accettare l’amicizia dei propri assistiti su Facebook.

Molti lo fanno per cortesia, altri, più saggiamente, ignorano e per motivi di privacy tengono lontani i pazienti dal proprio profilo personale. Ma anche creare una pagina pubblica per parlare con i pazienti non è una buona idea. Questo è quanto afferma un recente studio pubblicato sul Journal of Medical Ethics che ha analizzato le amicizie virtuali di 405 medici dell’ospedale francese di Rouen.

Tre su quattro del campione preso in considerazione, per l’esattezza il 73%, hanno dichiarato di aver aperto una pagina su Facebook, otto medici su dieci avevano un profilo sul popolare social network da almeno un anno.
Quando spunta l’icona di amicizia da parte di un paziente, la maggior parte dei camici bianchi ci va piuttosto cauta e ci pensa due volte prima di accettare, valutando caso per caso. Il 15% dei medici, esattamente, decide in base al paziente da cui arriva la richiesta e chi accetta, in pochi a dire il vero, lo fa più che altro per non perdere la fiducia dell’assistito o per affinità. Ma sono molti di più i rifiuti, per professionalità e privacy. Ed il medico fa bene a rifiutare, almeno stando a quanto affermano gli autori dello studio, perché

la disponibilità di informazioni sulla vita privata del medico può minacciare la fiducia reciproca.

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[Fonte: Asca]