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Depressione post partum, tra linee guida e mancanza di centri specializzati

 La depressione post partum: forse una delle patologie meno comprese dalla società. Perché quando si parla di un bambino è normale pensare che possa essere solo sinonimo di gioia, e che la maternità debba essere considerata il periodo più bello della vita di una donna. Per molte donne non è così, o meglio, smette di esserlo talvolta dopo la nascita del bambino. Cerchiamo di andare a fondo della questione parlando delle linee guida in via di diffusione da parte dell’Onda, l’osservatorio nazionale sulla salute della donna.

Partiamo da un numero: 80mila. E’ questo il numero delle italiane che ogni anno sono vittime di questa malattia psicologica. Il 16% di coloro che diventano madri cadono in depressione. Spesso si sentono inadeguate nei confronti del nascituro, hanno problema a gestirlo, si sentono compresse in un ruolo nel quale forse non si sentivano pronti.

Ma se la società ha poca dimestichezza con questa malattia, che può raggiungere dei gravi picchi mettendo a repentaglio (ce lo insegnano purtroppo diversi casi di cronaca italiana, n.d.r.) la sopravvivenza stessa del neonato, per i medici esistono delle linee guida, volti a focalizzare il problema ed aiutare i professionisti sia nel fare una diagnosi, sia nell’affrontare la patologia stessa, dando modo alla neo mamma di uscire da questo stato di cose e donandole nuovamente la gioia di tenere il proprio bambino in braccio.

Sono molti i paesi nel mondo che posseggono strumenti simili.  Si tratta di protocolli volti a raccogliere non solo informazioni sulla storia clinica della donna, ma anche su eventuali malattie psichiatriche pregresse e problemi nell’ambito famigliare. Non di rado tra i maggiori fattori di rischio della depressione post partum vi è un conflitto con il partner o con la famiglia. L’obiettivo, spiega la presidente dell’Osservatorio nazionale sulla salute delle donne Francesca Merzagora, è quello di abbattere  le valutazioni soggettive e le interpretazioni non chiare a favore di punti fermi. Spiega l’esperta:

Attraverso il nostro progetto abbiamo voluto preparare una mappa delle strutture dedicate alla gestione della depressione perinatale. Abbiamo perciò telefonato a tutti gli ospedali d’Italia dotati di Centri di salute mentale: in molti casi ci hanno risposto che di un percorso assistenziale per la depressione perinatale non hanno bisogno perché non ci sono pazienti che ne soffrono. Non è affatto così e occorrerebbe garantire almeno un Centro di riferimento in ogni Regione.

Sono solo nove, in realtà, i centri specializzati nella cura di questa malattia, di cui sei considerabili dei veri “centri di eccellenza”: per gli altri tutto si deve alla buona volontà dei medici.

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