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Diabete e obesità, scoperto meccanismo brucia grassi

È stato scoperto come l’inibizione di alcuni enzimi attraverso speciali molecole porti ad un netto miglioramento delle alterazioni metaboliche tipiche del diabete di tipo 2 e dell’obesità. La ricerca, condotta da un team internazionale, coordinato da Maurizio Crestani ed Emma De Fabiani per l’Università degli Studi di Milano, da Antonello Mai per la Sapienza e da Enrique Saez per lo Scripps di La Jolla, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Diabetes.

Gli enzimi in questione sono le istone deacetilasi, fondamentali per la regolazione del metabolismo e delle funzioni cellulari, nonché per il controllo dell’informazione genetica. Studi biomolecolari effettuati dal gruppo di Milano hanno dimostrato come l’inibizione di questi enzimi inneschi nel tessuto adiposo e nel muscolo scheletrico l’aumento dell’espressione di una proteina (PGC-1á) in grado di bruciare i grassi accumulati in questi tessuti e di impedirne l’accumulo eccessivo.

Il meccanismo “brucia grassi” è messo in moto da alcune molecole sintetizzate per la prima volta dai ricercatori della Sapienza nel trattamento dei modelli sperimentali di diabete e obesità, validati poi dal team di Milano in collaborazione con lo Scripps. Dai risultati è emerso una significativa perdita di peso, la diminuzione della steatosi epatica (una condizione caratterizzata dall’eccessiva presenza di grasso nel fegato la cui causa è spesso l’obesità e il sovrappeso) e un miglioramento dello stato diabetico per via indiretta grazie ad una migliore capacità di smaltire un carico di glucosio.

Come hanno spiegato Maurizio Crestani ed Emma De Fabiani:

Questo lavoro mette in evidenza il ruolo centrale delle istone deacetilasi per la regolazione delle funzioni cellulari del metabolismo alterate nell’obesità e nel diabete di tipo 2. Riuscire a sintetizzare una molecola che agisca in modo selettivo solo su questi specifici enzimi aprirebbe la strada alla messa a punto di nuove terapie: è precisamente in questa direzione che intendiamo proseguire i nostri studi.

Via| Diabets; Photo Credits|ThinkStock