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Sindrome di Kabuki, scoperto un nuovo gene

E’ stato individuato un gene responsabile della sindrome di Kabuki, una malattia rara identificata per la prima volta 30 anni fa, caratterizzata da alterazioni del viso, ritardo psicomotorio, alterazioni scheletriche e anche cardiopatie congenite. La scoperta è opera di un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, del Centro di Genetica Umana di Charleroi in Belgio e dell’Università Cattolica di Lovanio, sempre in Belgio.

La sindrome di Kabuki fa parte delle sindromi dismorfiche, prende il nome da un particolare della palpebra inferiore, che conferisce agli occhi di chi ne è affetto un aspetto che ricorda la maschera degli attori del teatro giapponese Kabuki. I primi casi si erano visti solo nel continente asiatico, dopo di che si diffuse nel mondo arrivando in Europa e negli USA.

Il primo gene della malattia, MLL2, è stato individuato nel 2010, ma le sue mutazioni sono i in grado di spiegare solo il 50-75% dei casi. Lo studio, i cui risultati saranno pubblicati a gennaio 2012 sulla rivista American “Journal of Medical Genetics” ha impiegato una nuova tecnica tecnica che sfrutta le conoscenze derivate dalla recente decifrazione dell’intero genoma umano per analizzare l’esoma di un individuo, cioè tutta la porzione del DNA che contiene le istruzioni per sintetizzare le proteine dell’organismo umano.

L’analisi esomica o “exome sequencing” è stata testata su 30 pazienti risultati negativi per le mutazioni in MLL2 ed ha identificato in 3 bambini la perdita di una piccola porzione del braccio corto del cromosoma X, contenente il gene KDM6A. Chiaramente, l’eterogeneità genetica di questa malattia va oltre quella associata ai 2 geni identificati e sarà necessario stabilire quale percentuale della sindrome sia spiegata dal nuovo gene e se i pazienti eterozigoti per mutazioni in geni diversi presentino caratteristiche cliniche distinte, tuttavia è sicuramente un passo avanti. Questo studio, infatti, ha permesso di identificare un nuovo meccanismo rendendo possibile un nuovo test per la diagnosi.

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