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Invecchiamento: cellule ultranovantenni riportate a stato embrionale

 Trasformare delle cellule ultranovantenni in embrionali? E’ successo in Francia, grazie alla sperimentazione condotta dal dott. Jean-Marc Lemaître dell’ Istituto di genomica funzionale dell’ Università di Montpellier e dalla sua squadra di ricercatori. A quanto pare l’invecchiamento, almeno quello cellulare, non è un fenomeno di tipo irreversibile. Certo, si tratta di una operazione effettuata in vitro, ma deve essere ammesso che si tratta di un protocollo che ha dell’incredibile.

Il team di scienziati ha preso alcune cellule di età molto avanzata e le ha riprogrammate trasformandole in staminali prluripotenti indotte. Da cellule pronte a degradarsi, donate da uomini di (nello specifico) di 74, 92, 94, 96 e 101 anni sono state ottenute delle cellule in grado di suddividersi e moltiplicarsi come quelle embrionali.

Ovviamente non è concepibile un immediato utilizzo medico, ma tra dieci, quindici anni con molta probabilità potremmo assistere alle prime applicazioni mediche di questa importante scoperta. Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore Genes & Developement fa sognare una sorta di elisir di giovinezza del quale, se non riusciremmo ad approfittarne noi, sarà con molta probabilità a disposizione dei nostri figli o nipoti.

Il dott. Lemaître e la sua squadra sono partiti dall’intento comune di molti altri ricercatori: quello di trovare il modo di rigenerare in laboratorio organi o tessuti umani danneggiati senza utilizzare delle naturali staminali embrionali, spesso sotto continuo controllo per via di problemi etici legati al loro utilizzo.

Le cellule staminali embrionali hanno la capacità di differenziarsi naturalmente in qualsiasi cellula dell’organismo. Ma come ottenere lo stesso risultato senza utilizzarle? Già nel 2007 il dott. Shinya Yamakanaka ha scoperto il modo di riprogrammare cellule adulte in modo tale da ottenere le “giuste” differenziazioni”.  Il luminare francese ci è riuscito partendo da cellule estremamente anziane, trovando il modo di ringiovanirle, partendo dall’ultima tappa dell’invecchiamento cellulare prima della morte delle stesse.

Un loro possibile utilizzo? Nella cura legata alle malattie neurologiche come il Parkinson e l’Alzhaimer, o ancora quella relativa a malattie cardiovascolari.

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Fonte: GD