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Osteoporosi, fattori di rischio e prevenzione

 Dei fattori di rischio, della diagnosi tempestiva, della prevenzione e della cura dell’osteoporosi ha parlato Carlo Trevisan, primario di Ortopedia e Traumatologia all’ospedale SS Capitanio e Gerosa a Lovere (Bergamo), in vista del VII Congresso ”Rachide e Riablitazione” promosso da Isico (Istituto Scientifico Italiano Colonna vertebrale), ed in programma per il 26 marzo prossimo al Centro Milanofiori di Assago.

Trevisan spiega che l’osteoporosi ha solo i farmaci come ultima spiaggia ma se si agisce per tempo se ne può contrastare l’insorgenza, diminuendo il rischio di soffrire del disturbo a carico delle ossa.
E’ fondamentale, in questa linea d’azione, sapere se si rientra nella fascia di pazienti che hanno un numero di probabilità maggiore di essene colpite. Un esempio di soggetti da monitorare con particolare attenzione lo porta lo stesso esperto quando spiega che

Le donne che hanno avuto una madre affetta da fratture vertebrali o di femore devono sottoporsi a un controllo dopo la menopausa per valutare la massa ossea con la densitometria a raggi X. Solo così lo specialista può tracciare una strategia preventiva che contempla farmaci, ma anche una regolare attività fisica e un adeguato apporto di calcio e vitamina D.

Sport, calcio e vitamina D sono dunque i tre ingredienti principali della ricetta di prevenzione dell’osteoporosi. In particolare è fondamentale evitare la perdita di tono muscolare, combattendo la vita sedentaria, tarlo di chi svolge lavori alla scrivania o degli anziani incollati davanti alla tv.

Gli esercizi sono fondamentali non tanto per l’incremento della massa ossea quanto per assicurare un discreto stato di salute generale e contrastare quel rischio di caduta rilevante per ridurre le fratture.

Senza dimenticare il ruolo cruciale svolto dalla diagnosi tempestiva. Trevisan ci tiene comunque a sfatare una convinzione comune ovvero che invecchiamento delle ossa non significa necessariamente osteoporosi, tanto che i dati per l’Italia parlano di un 60% di donne, di età compresa tra i 70 e gli 80 anni, che non ne soffre affatto.

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[Fonte: ASCA]