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Pacemaker, allo studio quello che si ricarica con il battito cardiaco

Nonostante i pacemaker (dispositivi che aiutano con la contrazione del cuore) consumino una quantità piccolissima di energia (circa un milionesimo di watt) per funzionare, prima o poi si scaricano. Questo comporta il disagio per un paziente di doversi recare nuovamente dal chirurgo per un’operazione che lo sostituisca con uno carico. Questo significa che un paziente affetto da qualche malattia cardiaca potrebbe doversi sottoporre a diversi interventi chirurgici, con tutti i rischi che ciò comporta, per tutta la vita. Perciò sono allo studio diversi metodi per autoricaricare il dispositivo.

 Ne sono state provate di tutti i colori, dalla ricarica utilizzando il glucosio del sangue al materiale piezoelettrico che si ricarica tramite il movimento delle gambe. Ma ognuno di questi presentava un problema dato che ad esempio il primo interferiva con il metabolismo, mentre il secondo non si poteva applicare a chi aveva problemi di deambulazione. Ma la soluzione era lì a portata di mano, e nessuno l’aveva colta. Quale movimento del corpo migliore c’è di quello del cuore stesso?

La tecnologia che serve è piuttosto avanzata, tanto che la stanno studiando degli ingegneri aerospaziali dell’Università del Michigan di Ann Arbor che stanno pensando di sfruttare le vibrazioni toraciche conseguenti al battito cardiaco. Tale vibrazione deforma il materiale piezoelettrico di cui è composto il nuovo pacemaker che converte lo stress meccanico in corrente elettrica. I test indicano che il dispositivo può funzionare a frequenze cardiache da 7 a 700 battiti al minuto, e produrre 8 volte l’energia necessaria al pacemaker per funzionare. Ciò significa che se l’energia prodotta è sempre maggiore di quella utilizzata per farlo funzionare, la batteria potenzialmente potrebbe durare all’infinito, a prescindere dalla frequenza cardiaca.

Questo almeno sulla carta. Se infatti realizzare il dispositivo meccanicamente non è difficile, la parte complicata arriva ora, e cioè tentare di renderlo biocompatibile con il corpo umano. Se ci riusciranno lo vedremo presto, ma intanto l’idea potrebbe essere importante per sviluppare pacemaker futuri.

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[Fonte: Sciencedaily]

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