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Cibo spazzatura riduce quoziente intellettivo dei bambini

 Che il cibo spazzatura non fosse affatto salutare era noto da tempo. Ce lo ripete da anni la letteratura scientifica sull’argomento e ce lo ha ricordato, in maniera più teatrale ma non certo meno incisiva, il documentario Super Size Me di Morgan Spurlock che ha fatto passare a molti la voglia di entrare in un fast food o di replicare a casa i manicaretti unti quanto appetitosi del McDonald’s.

Torniamo a parlarne per darvi notizia di una recente ricerca effettuata da un’équipe di studiosi della University of Bristol (Regno Unito), che ha analizzato il rapporto tra alimentazione e quoziente intellettivo nei bambini.
Lo studio, pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Journal of Epidemiology and Community Health, ha preso in esame i dati raccolti da un ampio monitoraggio sulle abitudini alimentari della popolazione, l’Avon Longitudinal Study of Parents and Children, che ha coinvolto un campione di 3.966 bambini di 3, 4, 7 e 8 anni di età.

Dall’analisi delle informazioni raccolte è risultato che i bambini che consumano cibi spazzatura sin dalla più tenera età, nel caso specifico sin dai tre anni, sarebbero a rischio per quanto riguarda il quoziente intellettivo basso. Il confronto, ovviamente, è stato operato con bambini che invece seguivano una dieta sana, basata su cibi naturali, su pesce, frutta e verdura, e non su piatti pronti e carni trasformate.

 Ai genitori, dunque, arriva un monito sul consumo di fritti, dolci e patatine, oltre che per preservare la salute fisica dei figli e per scongiurare l’obesità, anche per incrementarne l’intelligenza con una dieta sana, legame, questo, che peraltro era già stato provato da precedenti studi.

La differenza di quoziente intellettivo tra il gruppo che si alimentava in modo sano e i bambini che consumavano molti cibi spazzatura, a dire il vero, non è eccessiva, ma quanto basta per affermare il ruolo dell’alimentazione sulle capacità cognitive e intellettive nei primi anni di vita. Occorre precisare che la differenza si notava dopo che erano stati esclusi, ovviamente, altri fattori influenti per il QI, legati all’ambiente sociale e familiare e alle condizioni economiche della famiglia o ancora all’allattamento al seno.

Spiega Emmett Pauline, che ha diretto lo studio:

Lo sviluppo del cervello è molto rapido nei primi anni di vita. Sembra che ciò che accade più in là negli anni sia invece meno importante.

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[Fonte: ASCA]